Salute mentale: i pro e i contro dell’autodiagnosi online

Salute mentale: i pro e i contro dell’autodiagnosi online

L’autodiagnosi online si basa sulla percezione diretta del proprio stato di salute mentale a partire da certe manifestazioni psicofisiche.

Oltre a favorire una maggiore consapevolezza del nostro funzionamento mentale e delle nostre difficoltà, l’autodiagnosi online presenta il vantaggio di essere gratuita e di consentire una relativa riservatezza. Tuttavia non bisogna mai dimenticare che l’autodiagnosi online si basa su semplici generalizzazioni applicabili a un numero considerevole di casi. Invece una corretta diagnosi clinica, una prognosi e una eventuale indicazione terapeutica deve sempre tener conto dell’unicità e della complessità bio-psico-sociale di ogni individuo.

Cercare informazioni sanitarie in Internet è un fenomeno in continua crescita e per quanto riguarda la salute mentale vediamo che i termini più cercati sono: ansia, attacchi di panico e depressione.

Si cercano dunque sintomi che definiscano sensazioni, pensieri, comportamenti e vissuti che molti sperimentano tutti i giorni. Però in questa ricerca così orientata c’è da notare subito un’insidia abbastanza frequente. Si parte da voler capire per esempio le caratteristiche di una depressione e si arriva ad attribuire tali caratteristiche a se stessi. Il passo è veramente molto breve. Quando ciò accade abbiamo stabilito un’autodiagnosi che si basa sulla percezione diretta del proprio stato di salute mentale a partire da certe manifestazioni psicofisiche

In generale, l’essere informati sul proprio stato di salute oltre ad aumentare il livello di conoscenza sul funzionamento fisico e mentale ci rende più consapevoli delle nostre difficoltà. Come dimostrano molti studi, la corretta informazione può favorire un sensibile aumento del senso di empowerment personale. È come dire che ci sentiamo più capaci di affrontare e gestire lo stress mentale legato a preoccupazioni sulla nostra salute senza sentirci sopraffatti.

Per comprendere quanto queste richieste di informazioni sanitarie siano ormai radicate nelle abitudini di tutti noi (da studi Censis risulta che il 78,3% degli italiani ha accesso alla Rete) basti pensare al continuo aumento del numero di piattaforme online e app capaci di restituire con pochi clic una ipotesi diagnostica, le possibili cause del “disturbo” e le indicazioni su quale trattamento seguire.

A questo punto la domanda principale che dobbiamo porci è : tutto questo lavoro di ricerca (che a volte può assumere un carattere di dipendenza come nella cybercondria) aiuta veramente una persona a capire l’origine delle sue sofferenze e porvi rimedio? Se in un primo momento l’autodiagnosi può dare un certo sollievo vale però la pena considerare un importante fattore spesso sottovalutato. Ovvero, noi abbiamo raccolto alla fin fine (ci auguriamo da siti seri e affidabili) una serie d’informazioni basate su semplici generalizzazioni. Generalizzazioni perché sono applicabili a un numero considerevole di casi. Come scrive l’American Psychoanalytic Association (cit. da V. Lingiardi e N. McWilliams in Manuale Diagnostico Psicodinamico PDM-2) “due individui che presentano lo stesso disturbo (…) non avranno mai le stesse potenzialità, necessità di trattamento o risposte agli interventi terapeutici. (…). Anche per quei disturbi psichiatrici che hanno una forte base biologica, vi sono fattori psicologici che contribuiscono all’esordio, al peggioramento e al modo in cui si esprime la malattia”. In altri termini, dal momento che le persone sono una diversa dall’altra, una corretta diagnosi clinica, una prognosi e una eventuale indicazione terapeutica deve sempre tener conto dell’unicità e complessità bio-psico-sociale di ogni individuo.

In ultimo, se si rende necessario un colloquio psicologico clinico con un terapeuta, è interessante notare che quando le persone arrivano già con un’autodiagnosi ben definita, per alcune di loro è veramente complicato accettare, sia pure in chiave ipotetica, una visione diversa di considerare i problemi. A volte il parere del professionista è messo in dubbio, contestato e criticato anche in modo sottile e velato. Naturalmente il terapeuta ha una responsabilità più ampia nel dare senso e significato ai contenuti che il paziente riferisce e di conseguenza dovrà adattare il suo stile terapeutico affinché le convinzioni del paziente circa la sua autodiagnosi siano oggetto di analisi e riflessione condivisa da entrambi. Le informazioni che il paziente ha già acquisito circa il suo stato di salute, giuste o sbagliate che siano, possono essere usate a vantaggio di una più approfondita consapevolezza delle difficoltà e del modo con cui il paziente intende affrontarle.

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Immagine: Adobe Stock