Cercare psicologo sul web

Cercare lo psicologo sul web: come individuare il professionista più adatto alle nostre esigenze

La ricerca di informazioni attraverso Internet rappresenta un mezzo veloce, pratico e discreto per raggiungere un buon numero di psicologi e psicoterapeuti. 

Molto spesso però risulta faticoso e dispersivo destreggiarsi tra una mole incredibile di dati anche diversi fra loro. Senza contare poi che a volte si ha la sensazione di non sapere bene cosa cercare. Ho raccolto in cinque temi principali quello che a mio parere è utile sapere prima di iniziare il “lavoro” di ricerca dello psicologo sul web.

1 - La sovrabbondanza di informazioni sulla salute mentale

È un diritto di ogni cittadino, soprattutto quando si tratta di salute, avere libero accesso alle informazioni. Spesso però i troppi dati da analizzare disorientano e distraggono da ciò che è veramente necessario sapere. Se da una parte il confronto dei propri sintomi con quelli che visualizziamo sulla pagina web o in un forum può fornire delle indicazioni di massima (e anche un certo sollievo per il fatto di sapere di non essere soli ad avere lo stesso problema) dall'altra tale confronto può condurre a una fuorviante quanto inutile generalizzazione. Teniamo perciò sempre presente che i vissuti di disagio e sofferenza che ci spingo a cercare un professionista esprimono quasi sempre problematiche complesse, variamente articolate, che non possono essere ricondotte a un semplice elenco di sintomi. Quindi l’eccessiva semplificazione e generalizzazione ci fa correre il rischio di spostare l'attenzione da ciò che dovrebbe essere unico e specifico di ogni individuo (che di regola fonda il progetto terapeutico) a ciò che rappresenta invece una categoria molto più vasta di individui simili fra loro.

2 - La numerosità di modelli e Scuole

Il secondo fattore che pure disorienta e distrae riguarda la numerosità dei modelli e delle Scuole presenti in Italia. Queste ultime sono circa 350 e se si aggiunge l'esistenza di oltre 400 forme di psicoterapia, l'analisi diventa ardua oltre che impossibile per i "non addetti ai lavori". Per sintetizzare possiamo dire che le 400 forme di psicoterapia sono aggregate in tre grandi gruppi: psicoanalitico, umanistico-esistenziale, cognitivo-comportamentale. Al gruppo psicoanalitico appartiene l'approccio che sostiene queste riflessioni. Per ciò che riguarda gli altri due gruppi di Scuole, per non cadere in eccessive semplificazioni, rimando al sito web del Ministero dell'Università e della Ricerca dove è possibile visionare un elenco aggiornato di tutte le Scuole suddivise per regione. Com'è facile intuire, conoscere la Scuola di appartenenza dello psicologo psicoterapeuta, (visto la numerosità dei modelli e delle Scuole) non sembra essere un criterio del tutto valido per fare una scelta consapevole. Il valore di una informazione di questo tipo diminuisce se pensiamo che tutti gli autori che hanno svolto ricerche sull’efficacia dell’intervento psicoterapeutico sono concordi nel ritenere che sia molto più facile trovare somiglianze all'interno di approcci lontanissimi fra loro che all'interno dello stesso gruppo di appartenenza.

3 - La mancanza di una rappresentazione sociale condivisa dello psicoterapeuta

Per comprendere meglio questa affermazione possiamo riferirci a un facile esempio: quando noi rivolgiamo una richiesta d'intervento a un esperto poniamo in materie fiscali non abbiamo incertezze su cosa aspettarci da questo professionista che riteniamo competente ed esperto dell’argomento di nostro interesse. Invece quando parliamo di problemi psicologici spesso nascono dubbi e perplessità su cosa dobbiamo attenderci da chi esercita la professione psicologica. E se possiamo sorvolare sulla conoscenza delle differenze (ma anche delle somiglianze) tra psicoterapeuta e psicoanalista non possiamo sorvolare sull'esigenza ancora molto sentita tra noi professionisti della salute mentale, di spiegare all'utenza le differenze tra intervento psicologico, psichiatrico e neurologico. In sintesi rimane sospesa la solita domanda: ma cosa fa in concreto questo benedetto psicologo psicoterapeuta?

4 - La paura di affrontare un compito nuovo, complesso e impegnativo

È assai diffusa l'abitudine a utilizzare criteri "oggettivi" per spiegare (e semplificare) i comportamenti e gli eventi della vita. In ragione di questo meccanismo si tende a far risaltare con maggiore evidenza quelle informazioni che rispondono a tali criteri oggettivi e su cui ci sembra di avere un maggior controllo. Nel caso specifico della scelta dello psicologo psicoterapeuta i criteri oggettivi di solito sono: distanza e tempi di percorrenza per raggiungere lo studio del professionista, facilità di parcheggio, disponibilità degli appuntamenti, onorario e poco altro ancora.

Sulla base di tali criteri appena citati sorgono alcune frequenti obiezioni: lo studio è troppo lontano, l'onorario è troppo elevato, lo psicoterapeuta non riceve di sabato oppure di sera tardi o la mattina presto o nella mia pausa pranzo, non so a chi lasciare i bambini.

Oltre a ciò orientano nella scelta in modo altrettanto significativo le impressioni filtrate da alcuni pregiudizi: l'appuntamento è troppo vicino allora vuol dire che ha pochi pazienti quindi sarà inesperto, oppure troppo lontano sicché avrà molti pazienti e perciò non si ricorderà di me tra una seduta e l'altra. E anche: la voce dello psicoterapeuta al telefono mi è sembrata fredda e distante. In definitiva, sebbene sia innegabile la pressione, soprattutto nelle grandi città, dei vincoli logistici, e sebbene il nostro sia un tempo vissuto in modo frammentato e disomogeneo composto di entrate e uscite da vari ruoli nell'arco della stessa giornata, tuttavia né questo "corri corri" né tanto meno semplici pregiudizi dovrebbero costituire degli ostacoli insormontabili all'intraprendere un percorso terapeutico.

A volte tali ostacoli potrebbero essere a servizio di vere e proprie resistenze al cambiamento. Può sembrare un paradosso ma se da una parte è forte il bisogno di abbandonare comportamenti emotivamente disabilitanti dall'altra è altrettanto forte "la paura del nuovo" che la psicoterapia può prefigurare. In altre parole, riuscirebbe particolarmente difficile rinunciare a quella forma di rassicurazione offerta da quei comportamenti che conosciamo bene e che fanno parte del nostro stile pur sapendo che tali comportamenti ci provocano un profondo grado di sofferenza. Quindi, alla luce di quanto appena detto circa il ruolo giocato dalle resistenze al cambiamento, potremmo dire che gli ostacoli di vario genere posti dal vivere quotidiano e i pregiudizi riguardo la figura del professionista non dovrebbero rappresentare gli unici criteri nella scelta del terapeuta più adatto alle nostre esigenze o quanto meno non dovrebbero stare ai primi posti nella lista dei criteri possibili.

5 - Ciò che il web non svela: il rapporto terapeutico e l'importanza del primo colloquio

Dopo queste considerazioni di carattere generale proviamo ora a chiarire meglio quali aspetti potrebbero invece aiutarci nella scelta dello psicologo psicoterapeuta. Come già accennato sopra uno dei filoni di ricerca più produttivi degli ultimi anni riguarda l’efficacia dell’intervento psicoterapeutico. I risultati delle ricerche sui fattori che influenzano la riuscita di un trattamento concordano nel ritenere che non è tanto l'orientamento dello psicoterapeuta o la Scuola di appartenenza ad avere il peso maggiore, quanto i vari aspetti che definiscono e in varia misura determinano il rapporto terapeutico.

In estrema sintesi, e in relazione a ciò che vorrei mettere in risalto in queste brevi riflessioni, il rapporto terapeutico può essere definito come la collaborazione e la fiducia reciproca verso il raggiungimento degli obiettivi terapeutici.

I quattro temi citati all’inizio (la sovrabbondanza di informazioni sulla salute mentale, la numerosità di modelli e di Scuole, la rappresentazione sociale dello psicoterapeuta e la paura di affrontare un compito nuovo) che rendono la ricerca sul web faticosa e dispersiva, restano senz'altro sullo sfondo rispetto al ruolo principale svolto dalla relazione terapeutica. Infatti è proprio questa a rendere la psicoterapia una "esperienza affettiva profonda e paradigmatica" e perciò potenzialmente in grado di favorire quei cambiamenti positivi voluti dal paziente e che Freud identificò a suo tempo nella capacità di amare, lavorare e godere della vita.

Ma se la relazione terapeutica può essere valutata solo a posteriori e dopo un certo numero di sedute come faremo allora a capire se ci troviamo di fronte a una potenziale "esperienza affettiva profonda e paradigmatica"?

Come ho già osservato è un diritto della persona chiedere e ricevere informazioni in anticipo circa l’orientamento, le competenze e la gestione del setting da parte del professionista cui intende rivolgersi, ma ciò non è ancora sufficiente per capire se ci troviamo sulla strada giusta. Infatti è solo quando finalmente arriviamo nella stanza di terapia che possiamo completare il percorso di ricerca del professionista più adatto alle nostre esigenze.

Se è vero che occorrono diverse sedute per valutare una potenziale "esperienza affettiva profonda e paradigmatica” è pur vero che già dal primo colloquio, dovremmo percepire una valida atmosfera terapeutica ossia un senso di fiducia nella possibilità di recupero dell'autonomia e delle competenze personali. Quindi se è vero che occorre un certo numero di sedute per valutare questa speciale sintonia paziente-psicoterapeuta è altrettanto vero che il primo colloquio dovrebbe servire a comprendere l'esistenza delle condizioni necessarie, anche se non sufficienti, per proseguire o interrompere il rapporto terapeutico appena iniziato.