Quando procrastinare non è pigrizia né mancanza di volontà

Quando procrastinare non è pigrizia né mancanza di volontà

Procrastinare è rimandare con intenzione l’inizio o la fine di un compito. È rimandare una decisione importante nonostante si abbia la consapevolezza degli effetti negativi nel futuro.

Quando la procrastinazione diventa un’abitudine può comportare gravi conseguenze in molti aspetti della vita quotidiana. È un fenomeno molto comune: riguarda il 20% della popolazione generale (sono più i maschi delle femmine) e il 50% - 70% degli studenti universitari.

Solo in certi casi rimandare diventa una strategia valida. Una scelta consapevole e meditata rispetto alla situazione e agli obiettivi da perseguire.

La tendenza a rimandare è spesso confusa con la pigrizia. La pigrizia può essere definita come un atteggiamento teso a soddisfare bisogni e desideri con minimo sforzo e dispendio di energia. Per fare un esempio, la “persona pigra” generalmente disdegna uno stile di vita sano perché richiede costanza, impegno ed energia fisica e mentale. Soprattutto, richiede l’abitudine ad avere pazienza e a differire le gratificazioni. Nel caso del procrastinatore l’azione del procrastinare genera ansia, stress e forte disagio emotivo oltre un elevato dispendio di energia.

Come possiamo comprendere quindi la procrastinazione non si identifica con la pigrizia e neanche con la mancanza di volontà o con la mancanza di motivazione. La volontà è l’energia fisica e mentale che ci fa muovere verso uno scopo. La motivazione nasce dall’avere uno scopo e dall’avere obiettivi desiderabili e raggiungibili. Il procrastinatore di solito ha difficoltà a definire obiettivi, tempi e attività. È come se vivesse in una sorta di costante caos.

Diversi studi indicano l’abitudine a procrastinare come un fattore di rischio per la salute psicofisica. Può essere una caratteristica delle personalità ansiose e tendenti al rimurginio. Anche il perfezionismo risulta essere uno dei predittori più ricorrente.

Altri studi sottolineano la dipendenza da smartphone come un fattore predisponente all’abitudine a procrastinare. Forse questo spiega il motivo per cui tra le persone che tendono a procrastinare la percentuale più alta è rappresentata dagli studenti universitari. In generale la fascia giovanile presenta delle caratteristiche che predispongono alla procrastinazione come la tendenza all’impulsività, il dover affrontare compiti spesso noiosi, avere scadenze lontane nel tempo. Infine, le distrazioni a portata di mano sono diverse, prima fra tutti l'uso dei social media.

Per il procrastinatore cronico l’ansia legata al senso di inadeguatezza, alla vergogna e alla paura del fallimento innesca un circolo vizioso interrotto solo da un’ansia più forte che si sviluppa dal prendere atto delle conseguenze spesso disastrose del procrastinare.

Non è difficile immaginare che rimandare una decisione, non iniziare o non portare a termine un compito, non rispettare le scadenze può mettere a rischio la reputazione del procrastinatore. Chi ha l’abitudine a procrastinare viene percepita come una persona inaffidabile e addirittura esasperante per la lentezza con cui porta avanti le attività. È possibile notare infatti una difficoltà a usare il tempo in modo produttivo. Il tempo viene consumato in attività semplici, poco impegnative e che offrono una immediata e superficiale soddisfazione. Molti non hanno un’esatta percezione dei loro “ladri del tempo” a cui concedono il permesso di riempire gran parte della giornata. Come già accennato, dal punto di vista soggettivo questo stile di funzionamento, oltre a recare danni per le occasioni e le opportunità perse, genera frustrazione e profondo disagio con costi altissimi in termini di energia fisica e mentale.

Cosa si può fare per smettere di procrastinare? Sicuramente partire dall’analisi del comportamento legato alla procrastinazione in tutte le sue dimensioni. Cosa tendiamo a rimandare? Attività o compiti difficili, noiosi? Rimandiamo la sessione d’esame per paura di fallire o di non essere perfettamente preparati? Rimandiamo decisioni conflittuali?

Un altro passo consiste nell’analizzare in che modo e in che misura il rimandare, oltre a condizionare i risultati attesi e la perdita di occasioni e opportunità, condiziona le nostre relazioni interpersonali nei diversi contesti di appartenenza.

Può essere efficace inoltre svolgere attività utili a sviluppare l’autodisciplina. L’autodisciplina consiste nel creare abitudini positive e funzionali agli scopi che si vogliono raggiungere. Molti ritengono che l’autodisciplina influenzi in modo negativo il pensiero flessibile e sia una spiccata caratteristica delle persone “rigide”. I grandi leader ci dimostrano invece che l’autodisciplina consente di raggiungere obiettivi a lungo termine, di tollerare le frustazioni (in termini di coping e resilienza) e di potenziare la capacità a differire le gratificazioni. In altre parole sviluppare e mantenere nel tempo l’autodisciplina permette di migliorare la qualità della vita e il benessere generale.

Fonti:

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  • Zohar AH, Shimone LP, Hen M. Active and passive procrastination in terms oftemperament and character. PeerJ. 2019 May 29;7.

Immagine: Adobe Stock


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